Bee Gees: tutto ok fino a quando…

Una delle band più longeve della storia del pop


Il sodalizio familiare dei fratelli Gibb ha dato vita a una lunga saga musicale, spaziando dal pop-soft e dal country-folk degli esordi ai trionfi in discoteca di “Saturday Night Fever”, fino alle redditizie collaborazioni degli ultimi anni. Prima che una maledizione si abbattesse su di loro. Oggi, nel programma Heroes, gli special guest della puntata saranno proprio i Bee Gees. L’appuntamento è per le ore 11:00 su Radio Sardegna Web.


 

I Bee Gees sono stati una delle band più longeve della storia del pop: grazie alla loro versatilità compositiva, nonché alla semplicità ed efficacia delle loro melodie, sono riusciti a mantenere un grande successo nell’arco di trentacinque anni, riuscendo a porsi come protagonisti di una costante evoluzione musicale, dal beat all’R&B, dal funky al country-rock, dalla disco-music al pop. I fratelli Gibb nacquero a Douglas nell’isola di Man, situata tra la Gran Bretagna e l’Irlanda, da Hugh, leader di una band e Barbara, cantante professionista. Il trio fu costituito da Barry (nato il 1° settembre 1946) e dai gemelli Maurice e Robin, nati il 22 dicembre del 1949. I genitori si accorsero ben presto del loro talento. Barry aveva infatti 9 anni, quando cominciò a suonare la chitarra e a esibirsi coi fratelli nei cinema di Manchester, tra un film e l’altro, con il nome di Rattlesnakes. Nel 1958, la famiglia al completo si trasferì a Brisbane, in Australia. Una volta giunti nella “terra dei canguri”, i fratelli cominciarono a comporre molte canzoni, giurando a sé stessi che sarebbero rimasti sempre uniti nell’impresa. Dopo aver suonato nei locali balneari, nonché in emittenti radio e tv private, nel marzo 1960 i fratelli conquistarono uno spazio in una trasmissione televisiva, dapprima con il nome di BG’s (Brothers Gibb) e, successivamente, con quello che li avrebbe fatti conoscere al mondo intero: Bee Gees. Nel 1963 firmarono il loro primo contratto con la Festival Records, pubblicando il singolo “Three Kisses Of Love”. Nel 1966 furono nominati come miglior band australiana. Il successo, tuttavia, fu conseguito soltanto con il singolo “Spicks And Specks”, tratto dall’omonimo album, col quale raggiunsero la prima posizione nella hit parade australiana. Nel gennaio del 1967, però, la famiglia Gibb si imbarcò per il ritorno in Inghilterra, dove Beatles e Rolling Stones erano ormai un fenomeno consolidato. I fratelli decisero, pertanto, di rivolgersi a Robert Stigwood, manager della Polydor, e storico produttore dei loro primi lavori discografici. Ai fratelli si aggiunsero il batterista Colin Petersen e il chitarrista Vince Melouney, entrambi australiani. Fu così che pubblicarono il loro primo singolo a livello internazionale, “New York Mining Disaster 1941”, che avrebbe conquistato anche i primi posti della hit parade statunitense. Questo fu l’anticipo dell’album The First, il primo vero album della loro carriera ufficiale, registrato in stereo, a differenza dei due appartenenti alla produzione australiana. Altra novità rispetto al passato fu la collaborazione di tutti e tre nella composizione dei brani, mentre in precedenza l’unico autore era stato Barry. Altro singolo di successo, estratto da tale opera prima, fu “To Love Somebody”, del quale uscirono circa duecento versioni, tra cui quella sofferta di Janis Joplin. La canzone doveva essere interpretata da Otis Redding, ma il progetto andò a monte, a causa della morte di quest’ultimo, avvenuta nel 1967. Nell’ottobre del 1967, fu pubblicato il singolo “Massachussetts”, che raggiunse il primo posto della classifica inglese e anticipò l’uscita del secondo album, Horizontal. Quest’ultimo mantenne lo stile del precedente, basandosi su ballad dolci e melodiche, composte con la chitarra o con il piano, ma notevolmente arricchite dagli arrangiamenti orchestrali diretti da Bill Shepherd. Nel 1968 uscì anche il terzo album, Idea, con piccole gemme come “I Started A Joke” e “I’ve Gotta Get A Message To You”, ripresa in italiano da Mal dei Primitives con il titolo “Pensiero d’amore”. Il 1968 fu particolarmente favorevole per i fratelli Gibb, in vetta alle classifiche con ben due album e sei singoli.

Il 1969, invece, fu l’anno di Odessa, un doppio album con la copertina di velluto rosso, il cui aspetto lussuoso si intonava perfettamente alla raffinatezza dei brani: gli arrangiamenti orchestrali di Shepherd vennero qui maggiormente elaborati, apportando ulteriore maestosità ai brani. Ma fu anche il pretesto per una storica rottura, già alimentata dallo stress dovuto al tempo trascorso in sala di registrazione: mentre Barry scelse tale canzoni per l’inserimento nel lato A del singolo, Robin avrebbe preferito inserirne di diverse. Ecco la prima crepa. Tale aneddoto, tuttavia, fu solo la goccia che fece traboccare il vaso, causando la dipartita di Robin, che decise di intraprendere la carriera solista. Presto uscirono di scena anche Petersen e Melouney. Mentre Robin riuscì a conseguire un enorme successo con il singolo “Saved By The Bell” e il suo primo album solista “Robin’s Reign”, Barry e Gibb risposero con il singolo “Don’t Forget To Remember” e l’album Cucumber Castle, il cui titolo fu utilizzato altresì per la realizzazione di uno special tv. Il 1970 fu un anno importante non tanto per l’uscita dell’album Two Years On, bensì per il rientro di Robin nel gruppo: la gioia dei fratelli e il consolidamento del legame che li univa furono tradotti in musica con il singolo “How Can You Mend A Broken Heart”, nel quale si faceva esplicito riferimento alla rottura e alla riappacificazione: il brano raggiunse il primo posto nella classifica statunitense. Anche l’album Trafalgar ottenne buoni riscontri commerciali. Tuttavia, proprio nel 1971 i fratelli Gibb conobbero il primo declino. To Whom It May Concern (1972), Life In A Tin Can (1973) e Mr. Natural (1974) furono sottovalutati e ignorati dal mercato inglese e americano, mentre la band ricevette accoglienza e riconoscimenti positivi in Italia, soprattutto con il singolo “Run to me”. Mr. Natural, comunque, rappresentò un punto di svolta nella carriera dei Bee Gees: rilevante fu l’incontro con Arif Mardin, produttore americano di origine turca, che avrebbe determinato il distacco dall’originario pop melodico e l’approdo verso un genere nuovo, un contemperamento tra soul e R&B. Mardin fu nuovamente contattato nel 1975: questa volta la collaborazione avvenne negli studi Criteria di Miami, Florida, seguendo i consigli di Eric Clapton, il quale aveva ivi realizzato “461 Ocean Boulevard”. Ne nacque Main Course, il quale non solo costituì un’ulteriore fase di evoluzione verso la disco-music anni Settanta, ma riportò i Bee Gees sulla cresta dell’onda, spopolando in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, e divenendo disco d’oro e di platino. Tra i singoli estratti, è da ricordare soprattutto “Jive Talkin'”, ma anche “Nights On Broadway”, nel quale Barry iniziò a cantare in falsetto. Tale percorso soul e R&B proseguì nel 1976, con la realizzazione di Children Of The World, anch’esso disco d’oro e di platino. L’album fu prodotto da una casa discografica diversa, ovvero senza l’ausilio di Mardin, considerato un grande maestro dai Gibb. Il singolo trainante fu “You Should Be Dancing”, che, insieme a “Love So Right”, divenne un altro disco d’oro. Per la registrazione dell’album successivo, i Bee Gees scelsero lo Chateau D’Herouville, il quale aveva già ispirato Elton John per il titolo del suo lavoro del 1972 (“Honky Chateau”). Nel frattempo, Robert Stigwood stava lavorando su un film riguardante la cultura dance a New York, basato su un articolo intitolato “Tribal rites of the new saturday night”. Il film in questione era Saturday Night Fever, con John Travolta. La colonna sonora, un doppio album di diciassette brani, fu il disco più venduto al mondo in tutta la storia della musica, dopo “Thriller” di Michael Jackson. Tra i brani apportati dai fratelli Gibb, sono inclusi “Stayin’ Alive”, “How Deep Is Your Love”, “Night Fever” e “More Than A Woman”, eseguita anche dai Tavares.

Le intuizioni “disco” di Giorgio Moroder vennero portate al successo con una formula tanto semplice quanto efficace, fondata sull’accostamento tra un cantato in falsetto, un ampio uso degli archi, una manciata di ottime melodie e un ritmo implacabile. Pochi altri brani avranno lunga vita in discoteca come quelli tratti da quest’album. Il successo strepitoso di cui furono protagonisti i Bee Gees nel periodo della disco-music proseguì nel 1979 con Spirits Having Flown, il loro album più venduto in Italia. Il disco mantenne lo stile di “Saturday Night Fever”, nel quale tutti i brani furono cantati in falsetto; il genere fu ancora una volta una disco-music inconfondibile, in cui funky e soul si amalgamavano perfettamente. Ma il successo avrà due facce per i fratelli australiani: i Bee Gees, infatti, saranno ormai identificati con l’immagine di “star” assunta in quel periodo. E la critica affilerà presto le penne contro di loro, anche per l’utilizzo improprio della loro immagine da parte della casa discografica. Si aggiunga, poi, il flop del film Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club Hand, per il quale la band realizzò una colonna sonora nel 1980… A farne le spese fu l’album Living Eyes, pubblicato nell’autunno del 1981: le vendite tradirono ogni aspettativa. Fu così che, negli anni Ottanta, i Bee Gees, ormai in fase calante come band, si dedicarono a numerose collaborazioni con altri artisti. Nel 1980, Barry produsse “Guilty”, il più famoso album di Barbra Streisand (con il grande hit “Woman In Love”). Altri album composti e prodotti dai fratelli Gibb, furono “Heartbreaker” di Dionne Warwick (1982), “Eyes That See In The Dark” di Kenny Rogers (1983) e, soprattutto, “Eaten Alive” di Diana Ross (1985). Nel 1983, composero cinque canzoni per la colonna sonora di Stayin’ Alive, fiacco seguito di Saturday Night Fever, il cui protagonista fu ancora John Travolta. Il brano trainante fu “The Woman In you”, per il quale uscì anche un videoclip. Nello stesso anno, Robin Gibb pubblicò l’album How Old Are You?, trascinato dal singolo “Juliet”: il successo fu enorme. Nel 1987, i fratelli Gibb compresero che era giunta l’ora di ricominciare: fu l’anno del ritorno col nome di Bee Gees. E lo fecero con classe, cambiando casa discografica (passarono dalla Polydor alla Warner) e con la produzione da parte di una loro vecchia conoscenza: Arif Mardin. Il risultato fu E.S.P., ossia Extra Sensorial Perpections, preceduto dal singolo “You Win Again”, che raggiunse il primo posto di numerose classifiche europee, restando tuttavia un flop negli Usa. Pur senza raggiungere i fasti degli anni 70, i Bee Gees confezionarono un album dignitoso, grazie soprattutto all’eleganza degli arrangiamenti e alla presenza di ballad riflessive. Nel marzo 1988, un evento doloroso sconvolse la vita di casa Gibb: Andy, il fratello minore, morì per overdose a soli trent’anni. Successivamente, i Bee Gees tornarono alla Polydor. Ma il destino aveva in serbo un altro duro colpo per la famiglia Gibb: il 12 gennaio 2003, in seguito a un blocco intestinale, dovuto a una malformazione congenita, Maurice perse la vita a soli 53 anni, in un ospedale di Miami. La notizia gettò nello sconforto i fratelli e tutti i fan. E nel 2012 la maledizione dei fratelli Gibb colpisce anche Robin, la storica voce del gruppo, che muore a 62 anni dopo una lunga battaglia con il cancro. Finisce così la storia di una delle band più longeve del genere pop.