Fabrizio Serra: “Con il mio show mi diverto molto”

Intervista con il giornalista sardo autore di “Effetto Serra”


Fabrizio Serra fa il giornalista e un pò di tempo fa si è inventato il primo talk show sul canale social Facebook dal titolo “Effetto Serra”. Si alternano personaggi di vario tipo ed ognuno di loro si mette “a nudo” raccontando se stesso, situazioni ed esperienze. Lo abbiamo intervistato….


Da quanto tempo esiste il tuo programma “Effetto Serra” e com’è nato esattamente?

“Il programma è nato quasi per gioco. Non stavo lavorando granchè ed il pericolo professionale era uscire dal giro, e se esci dal giro difficilmente gli altri ti chiamano per lavorare. Ecco, questa è stata la motivazione. Far qualcosa che mi desse visibilità, mi rimettesse in gioco. Tutto è nato verso la fine del 2016, facendo delle semplici dirette quotidiane e commentando la sera la notizia della giornata. Andava in onda sul mio profilo personale. Non avevo idea di cosa sarebbe successo dopo, avevo solo desiderio di dire all’esterno “ehi, ci sono ancora”. Ebbene, quando ho visto che centinaia di persone si fermavano ad ascoltarmi ho iniziato a riflettere su che cosa poteva portare e come farlo crescere. Dopo alcuni mesi di “rodaggio”, senza mai dimenticare un appuntamento quotidiano, dal lunedì al venerdi’ alle 19.30, ho ascoltato i consigli di un amico che mi ha proposto di invitare qualche ospite. Inizialmente ero scettico per due motivi: perchè non volevo essere schiavo degli ospiti che magari bruciano all’ultimo momento, e poi volevo la libertà di fare come volevo. Alla fine, preso da curiosità, ho deciso di provare la prima diretta con ospiti nel marzo 2017. Ho invitato un duo acustico di amici (I loungedelica) a parlare del Cagliari e suonare qualche brano fra un commento e l’altro. Nella mia pagina personale abbiamo fatto più di 1.800 contatti. Da li’ in poi è stato un crescendo: ad aprile ho ideato il titolo, senza studi di marketing giocando sul cognome. A luglio 2017 ho aperto il profilo pubblico, e nel corso di questo anno ho più che triplicato i contatti (passati da una media di 3000 a  10.000 a puntata), ho reso più professionale il prodotto con microfoni e inquadrature non amatoriali, e soprattutto il “marchio” è diventato riconosciuto e riconoscibile e quando dicono in giro se conoscono “Effetto Serra” sanno di che si tratta. Questa è l’emozione più grande”.

In genere come scegli il tuo ospite?

“Non esiste un criterio o una classifica. Do’ spazio a chi lo vuole, e do’ spazio a chi ha qualcosa da raccontare. Certo, in alcuni casi il contatto è di amicizia e ho un rapporto privilegiato. Oppure – quando ho intervistato personaggi come Di Maio o Toquinho, Mogol o Luca Ward – devo fare i conti con i tempi ristretti. Ma averlo in esclusiva e fianco a fianco significa che viene riconosciuta l’autorevolezza della trasmissione. Il microfono è aperto, e oggi ho tantissima gente che mi chiede di essere intervistata. Anzi: prima dovevo spiegare di che cosa si trattasse, oggi il fatto che al titolo si associ il divano o il mio volto mi fa capire quanto sia cresciuto “Effetto Serra”, e quanto ancora potrà crescere in futuro”.

Normalmente come avviene l’organizzazione di una puntata di “Effetto serra”?

“Quando devo intervistare un ospite solitamente mi preparo. Ovviamente se conosco bene le tematiche che affronteremo devo fare solo un ripasso magari leggendomi i giornali. Ma se devo fare i conti con tematiche delicate, oppure sconosciute, allora diventa più complicato ma necessario. Devo studiare, ed è quello che consiglio alle nuove generazioni. Studiare il percorso dell’ospite, ma anche capire che tipo di persona si ha accanto. Durante le interviste io non tengo mai in mano foglietti o che le domande non vengono mai lette. Ebbene, questo è uno dei segreti che ho imparato in 15 anni di Videolina. La diretta è come un teatro: dopo le prove generali vai in scena col copione studiato, e di questo la gente te ne rende merito. Poi, logicamente, le domande non sono mai tutte uguali – come gli ospiti – e soprattutto non sono schematiche. Se un ospite mi parla di qualcosa di interessante, o di intrigante, mi capita di fargli delle domande che nascono dalla curiosità. Essere giornalisti è anche questo, essere curiosi, e soprattutto fare in modo che chi ti ascolta si riveda e riconosca in te un suo portavoce. Il complimento migliore me lo ha fatto un autorevole personaggio dello spettacolo qualche mese fa: mi ha detto che con i giornalisti non ha mai avuto un buon rapporto, ma io l’ho fatto sentire a suo agio, come aver preso un caffè con un amico. Questo è il senso del talk show sul social”.

Fra tutti i personaggi che sono finiti nel tuo show qual è quello che ti ha colpito molto per il suo modo di fare, per il suo modo di ragionare, per il modo che ha avuto di porsi nei tuoi confronti?

“Facendo un nome rischierei di sminuire altri. Tutti quelli che sono passati dal mio microfono sono stati davvero gentili, ognuno con il suo lato del carattere e i suoi lati buoni e meno buoni della personalità. Certo, ci sono persone che prima di andare in onda ti chiedano di “essere gentile”, ma non è certo il mio obiettivo fare il cattivo. Ribadisco: l’intervista con me è una chiacchierata con un amico davanti a un caffè, con la differenza che si ha una telecamera puntata. Con questo, però, non voglio certo passare per uno yes-man. Mi è capitato di fare qualche domanda non proprio generosa, ma devo dire che tutti hanno risposto col sorriso. Se devo fare un cenno particolare però non posso non citare Gianfranco D’Angelo. Lo avevo intervistato qualche anno fa per Videolina, l’ho incontrato l’inverno scorso al Bflat, e lui si è ricordato di me e mi ha trattato sia prima che durante l’intervista come un amico di vecchia data. Davvero un onore e una bella emozione”.

E poi sei stato notato da Sardegna 1 Tv, che ti ha chiesto di fare il programma anche da loro. Ecco….questa chiamata….tu come la interpreti? Un riconoscimento ai tuoi sforzi oppure un’opportunità lavorativa come tante altre per inspessire il curriculum?

“Ringrazio Sardegna 1 e soprattutto la GP Comunicazioni che ha prodotto la trasmissione per l’opportunità, che però era a tempo ed è terminata il 16 settembre. Io non ho mai dato vita a questo talk show per arrivare in tv, anche se non nego che mi abbia fatto piacere. Non mi sento arrivato e soprattutto non mi sono mai sentito chissà chi. Ma ritengo, modestamente, di essere in grado di svolgere il mio lavoro con professionalità, serietà e competenza. Per cui quando è arrivata la chiamata di Sardegna 1 sono stato felice, ma con moderazione. L’ho presa esattamente come tante altre esperienze nella mia vita, personale e professionale: servono per crescere e maturare. Ho lavorato in tv, in radio, nei quotidiani, in Agenzia, sul web, sono stato Addetto Stampa. Direi che forse la sofferenza per me – e credo di tanti altri colleghi precari – è doversi ogni volta reinventare. A 20 anni è un conto, a quasi 46 anni dover dimostrare sempre qualcosa vi assicuro che non è facile. Non mi sento un privilegiato, e tantomeno un innovatore. Ringrazio Dio o chi per lui di avermi fatto arrivare questo pensiero che poi è diventata un’idea. E da gioco è diventato un lavoro. L’obiettivo è crescere ancora, magari un giorno strutturarlo e – perchè no – farla diventare un’azienda dove poter far lavorare colleghi che come me sono sempre sul filo dell’equilibrio”.

Fabrizio Serra, quando non lavora, come trascorre le sue giornate?

“Mi piace lo sport, il calcio in generale, e se prima giocavo oggi con l’età che avanza lo guardo un po’ di più. Vivo solo e devo badare alla casa e ovviamente anche a tutto ciò che riguarda la vita di un individuo come la spesa, i pagamenti e così via. Ho un figlio di 5 anni e mezzo che adoro e – da separato – quando lui è con me non prendo impegni per nessuna ragione al mondo, dedicandogli il 100% di me stesso. Quella è una ferita aperta che mi ha fatto crescere e che mi ha reso – nel bene e nel male – la persona che sono oggi, con la consapevolezza che il futuro passa per le nostre mani. Anche se non tutto dipende da noi”.

Le tue letture preferite e la tua musica preferita?

“Ascolto ogni tipo di musica, ma non sono molto moderno anche se ascolto e mi piace molto Bruno Mars, per dire. Amo il Funky, suono la chitarra e canto, ma la musica quando è bella non esiste genere o artista. Non capisco, o meglio non apprezzo il Trap e soprattutto non concepisco il verbo “suonare” quando si parla di Dj. Ma questa è un’altra storia. Leggo molto ovviamente quotidiani e saggi, e non ho moltissimo tempo per i libri. Però mi piace molto John Grisham, e rileggo sempre con piacere Edoardo De Crescenzo. In genere le inchieste giornalistiche (come la Casta) e i thriller giudiziari sono quelli che amo di più”.

Progetti futuri per Fabrizio Serra?

“Ho già dato una svolta al progetto Effetto Serra aprendo al contributo degli sponsor le puntate del lunedì dedicate al Cagliari, sono diventato Responsabile delle Comunicazioni del Centro Coordinamento Cagliari Club e sarà un’altra bella sfida per far crescere l’intero tifo rossoblù. Mi auguro di ritornare presto in tv perchè il primo amore non si scorda mai, e personalmente molta più serenità per me e per tutta la categoria dei giornalisti precari. Ci vuole molta forza di volontà per toccare il fondo e risollevarsi, e non tutti ce la fanno. Mi piace pensare che se ci sto riuscendo io vuol dire che le idee sono in giro, e vanno sapute cogliere e sviluppare. Non bisogna aspettare solamente una chiamata da parte di qualche editore che ci si aspetta sempre. Ma se non arriva? Oggi siamo solo un numero di passaggio, va sempre tenuto a mente. Tutti siamo importanti, ma nessuno è indispensabile. Anche Enzo Biagi era stato ostracizzato a suo tempo, e credo che sia importante ricordarlo per capire chi siamo e cosa possiamo fare della nostra vita”.