Francesco Baccini: “La musica fatta in Italia? Indubbiamente indecente!”

Il cantautore genovese intervistato da Massimo Salvau per Radio Sardegna Web

Cantautore della scuola genovese tra i più eclettici del panorama musicale italiano, inizia a studiare pianoforte da bambino e, dopo essersi dedicato ai grandi compositori del passato, a 20 anni scopre anche la musica leggera e il rock. Nel 1990 vince il Festivalbar con il brano “Sotto questo sole”, in coppia con Paolo Belli e i “Ladri di Biciclette”. Sarà poi con l’album “Nomi e cognomi” del 1992 che ottiene il maggiore successo commerciale, affermandosi definitivamente.

Ciao Francesco e grazie per averci concesso questa intervista. La prima domanda che ti faccio è: hai superato i 30 anni di carriera, in questi 30 anni come hai visto cambiare la musica in Italia? In meglio o in peggio? 

“Beh se dicessi in meglio vorrebbe dire che mi hanno pagato per dirlo. E’ indubbiamente indecente. Roba che non si può ascoltare. Qualcosa di interessante esiste ma la devi cercare per bene. Alla fine la musica oggi è uno scimmiottamento di quella di venti anni fa. Non trovi niente di nuovo. La musica rappresenta la tua vita. Se tu non hai vissuto la tua vita cosa mi vieni a raccontare? Cosa mi vuoi trasmettere? Che vuoi diventare famoso? La musica è diventata un discorso di immagine. Non di contenuti”.

E comunque 30 anni di carriera non sono pochi. Il bilancio lo vedi positivo o negativo?

“Molto positivo perché io ho vissuto a pieno la mia vita e non mi sono fatto mancare qualsiasi esperienza. Negativa o positiva che fosse. Quindi posso raccontare delle cose, ed io ho raccontato molte cose. Quindi il mio bilancio lo vedo positivo. Molto”.

Ho letto una tua biografia da qualche parte ed ho capito che forse tu, più di altri, hai provato cosa vuol dire povertà. Con un padre deceduto che avevi 15 anni hai dovuto fare il camallo al porto di Genova per mantenere tua mamma e tua sorella. Pensi che tutta questa sofferenza e disagio ti sia stato utile per diventare il cantautore che sei?

“Ma per forza. Ho dovuto sputare sangue per le lezioni di pianoforte, che mi sono costate 50 mila lire a lezione e che all’epoca erano tantissime. Mio padre lavorò duramente per pagarmi queste lezioni. La musica non potevi farla da casa: o andavi a Milano o niente. Ho preso la liquidazione, l’ho lasciata a mia madre e mi sono trasferito a Milano dormendo in macchina per un anno. Non avevo una lira, andavo fuori dalle pizzerie a guardare gli altri mangiare. Non so quanti miei colleghi abbiano provato questa sensazione, visto che la maggior parte dei cantautori veniva da famiglie benestanti. Sono riuscito comunque a prendere l’ultimo treno dell’epoca in cui si vendevano i dischi”.

Ai giovani musicisti di oggi si può imputare la mancanza di gavetta e di sofferenza, quindi di quelle esperienze che comunque ti formano?

“Assolutamente si. Oggi sono tutti manieristi e copioni. Ti dico questo: gli artisti, in genere, fanno tutti una vita del cazzo. La vita dell’artista non è quella fatta di tanti soldi, belle donne anzi è proprio una vita di merda perché si muore di fame. Si fa una vita assurda. La nuova generazione di musicisti prende in considerazione modelli pessimi, e si vede. Non ha riferimenti utili. Io quando avevo 15 anni avevo modelli da seguire come gli Emerson, Lake & Palmer. Adesso loro chi hanno? Young Signorino?”

La musica secondo me è liberta’. Ora come ora, cosa c’è di veramente libero nella musica? Prima faceva tutto l’ispirazione ed il cuore. Adesso si studia tutto troppo a tavolino. Non ti pare?

“Nella musica di veramente libero forse sono rimasto solo io. Di libero non è rimasto nulla. Tutto oramai si fa a tavolino. Sono tutti burocrati, avvocati o commercialisti che prendono decisioni. Ed anzi, ti dico che in questo mondo, questo della musica, è meglio non avere a che fare con avvocati perché se l’avvocato è abile ti fotte, se non lo è passa per coglione. Il discorso dell’immagine di prima, no? Conta più come appari agli occhi degli altri….”.

 Di solito quando scrivi i testi delle tue canzoni o arrangi dei pezzi cosa ti ispira maggiormente? 

“Ma io quando scrivo sono da un’altra parte con la testa. In un mondo tutto mio. E lo faccio in totale libertà. Quando scrivo una canzone non so quando la inizio ne’ quando la finisco. Non è un lavoro che faccio a tavolino, non è che prendo una penna mi metto li e scrivo. Non funziona così. Non deve essere un lavoro (anche se in pratica lo è), non voglio essere costretto a fare un disco fra un anno perché ho firmato un contratto. Perché diversamente non mi verrebbe nulla da scrivere. Io scrivo solo se sono ispirato, altrimenti rimango per lunghi periodi senza scrivere nulla”.

Nel tuo futuro potrebbe esserci Sanremo?

“Ma stai scherzando? A fare cosa…la valletta? Ma secondo te a Sanremo la musica quanto è importante? E quanto gli abiti della valletta? Gli abiti molto di più della canzone ed allora ti dico che Sanremo non mi interessa”.

Come hai visto gli atteggiamenti di Morgan nell’ultimo Sanremo?

“Morgan è un animale da televisione. Non un musicista. Morgan è un personaggio, che sa un pochino di musica, si vende bene, ma alla fine è un personaggio della televisione. A me non interessa essere come Morgan. Ma poi se vai in TV ci vai per litigare, e se non litighi sembri un cretino. Se vai invece per dire delle cose serie diventi automaticamente un rompicazzo. Quindi non mi interessa, perché io non sono un rompicazzo. Ma poi urlano tutti, cantano tutti, recitano tutti, ma nessuno sa far niente ecco il problema. Un tempo per poter dire delle cose dovevi fare un percorso e c’era una meritocrazia. Adesso ognuno ha la sua pagina facebook, il suo canale youtube…dici quattro minchiate e la gente ti dice bravo. Tu hai il tuo quarto d’ora di popolarità ma poi? A me la popolarità non interessa. Anzi è una rottura di coglioni spaziale”.

E la gavetta? Quella sana gavetta che ti aiutava a crescere che fine ha fatto? 

“Non esiste più. Adesso tutto deve essere più facile. Più raggiungibile. Poi arrivati ad una certa età, parlo di un ventenne, ti rendi conto che non è facile nulla è vai in crisi. Io ho fatto il camallo al porto di Genova. Faticavo. Mattina presto, notte tardi, scaricavo e caricavo, non ci sono mai stati orari. Ma ho capito cosa vuol dire raggiungere un traguardo. Le nuove generazioni vogliono tutto senza faticare”.

Cosa ne pensi dell’Italia e dei suoi musicisti?

“Il nostro è un paese ridicolo. Costruito sulla menzogna e sull’ipocrisia. Facciamo parte della Comunità Europea che altro non è che un accordo fra banche, dove il povero la prende sempre nel culo. I suoi musicisti? E come cercare un ago nel pagliaio”

Il tuo futuro dopo il CORONAVIRUS?

“Il futuro dopo il CORONAVIRUS? Beh…tornare sicuramente a fare concerti. Anche perché vivi solo con questi. Fare dischi non serve più a nulla. Al massimo lo regali ma anche se non lo vuoi regalare la gente se lo scarica gratis e quindi il CD non serve. Qual è il senso di incidere un disco? Meglio se fai dei singoli, che poi piazzi in radio e così ti fai un po di pubblicità ma alla fine quello che contano sono i concerti. Adesso è così. Io faccio quaranta concerti all’anno…speriamo di migliorarci”.