Bruce Springsteen: storyteller del rock

Ha saputo mantenersi fedele a un’idea forte di musica come strumento di denuncia


Storyteller d’altri tempi Bruce Springsteen ha saputo mantenersi fedele a un’idea forte di musica come strumento di denuncia e sublimazione della realtà, elevando storie di ordinaria vita quotidiana al rango di poesia e attribuendo spesso un valore epico e paradigmatico alle proprie narrazioni. In pratica Springsteen racconta trentacinque anni di storia americana, tra denunce sociali e sogni. Questa mattina, nel programma Heroes, in streaming alle ore 11:00 su Radio Sardegna Web, lo special guest sarà proprio Bruce Springsteen con una playlist a lui dedicata (Massimo Salvau).


Bruce Springsteen pubblica nel novembre del 1986 il quintuplo vinile e triplo cd Live 1975-1985, che mette in sequenza quaranta pezzi registrati nell’arco di un decennio memorabile (a tutt’oggi il suo migliore e forse irripetibile). L’unica pecca riscontrabile nel lavoro è sicuramente dovuta alla scelta dei brani: illustri esclusi e un eccessivo privilegiare la scaletta di Born In The Usa penalizzano il risultato finale. I tempi si stanno però incupendo, come ben testimonia il successivo Tunnel Of Love, pubblicato nell’ottobre del 1987, dai toni più intimisti e segnato dalla burrascosa crisi con la prima moglie, che sarebbe sfociata in un divorzio l’anno successivo. Il successo di Tunnel Of Love, che raggiunge i tre milioni di copie vendute, appare più che altro come un effetto scia della popolarità acquisita negli anni precedenti che come merito intrinseco dell’album. La fine del suo matrimonio e lo scioglimento della E-Street Band nel 1989 segnano il crollo definitivo di quanto Bruce Springsteen è stato sino a quel momento, l’inizio dello sbandamento che negli anni Novanta lo porta a pubblicare solo tre album (di cui due usciti contemporaneamente e complementari). Trovare la forza di ricominciare a quarant’anni, fronteggiando un mondo diverso da quello di cui si è nutrita la propria arte, sembra quasi impossibile. Il rocker si sposa con la corista Patti Scialfa (recente acquisto della E-Street Band) e si dedica alla quiete familiare, in attesa che la musa torni da lui. Ma ci vorrà molto tempo prima che ciò avvenga compiutamente. Il silenzio quinquennale successivo a Tunnel Of Love viene rotto solamente dalla pubblicazione, nel maggio 1988, dell’Ep Chimes Of Freedom, contenente quattro brani tra cui una versione live dell’omonima canzone di Dylan. Quando nel 1992 assistiamo alla contemporanea uscita di due album (in marzo), la delusione, acuita dalle forti aspettative, è grande. Senza l’apporto della E-Street Band (è presente il solo Roy Bittan), Bruce Springsteen si circonda di session-men validi e di varia provenienza (un nome su tutti, Jeff Porcaro) ma non riesce a ricreare la magia del passato, evidentemente a corto d’ispirazione. Il passo successivo è la pubblicazione, nel febbraio 1995, di un Greatest Hits, abile mossa della Columbia messa in atto per sfruttare il clamoroso successo commerciale di “Streets of Philadelphia”, brano scritto appositamente per il lungometraggio di Jonathan Demme “Philadelphia” (1993), con Tom Hanks e Denzel Washington. La raccolta contiene quattro inediti: “Secret Garden”, “Murder Incorporated”, “Blood Brothers” e “This Hard Land”, e colpisce per l’inaspettata reunion con la E-Street Band (compreso il transfuga di lunga data Steve Van Zandt); un documentario di due ore contenente materiale risalente proprio alle session per le tracce inedite di Greatest Hits verrà allegato al mini-cd “Blood Brothers” del 1996, composto da varie cover e un inedito, “Without You”.

Distante da ogni tentazione di proseguire la propria carriera artistica con i ritrovati compagni (almeno per qualche anno ancora), Springsteen si ritrae di nuovo nell’intimismo della sua chitarra acustica, registrando in solitudine il suo miglior disco della decade: The Ghost Of Tom Joad (novembre 1995), premiato con un Grammy come miglior album folk dell’anno. Il lavoro presenta indubbie analogie con Nebraska: entrambi sono album pieni di solitudine e registrati senza il supporto di una band. Dal punto di vista dei testi, The Ghost Of Tom Joad segna comunque una ritrovata qualità, riuscendo a mettere in sequenza nuove storie di ordinaria povertà dal sapore universale, come il Boss non riusciva a fare da tempo. Tre anni dopo l’uscita di The Ghost Of Tom Joad, nel novembre del 1998, Bruce Springsteen pubblica un box-set da 4 Cd dal titolo Tracks, che si presenta come un vero e proprio compendio alla sua carriera discografica; il lavoro comprende infatti 66 inediti che attraversano l’intera storia springsteeniana, dalle prime mitiche session per John Hammond nel 1972 sino alle produzioni più recenti. Si tratta di scarti di lavorazione e demo dal valore comunque elevatissimo, che offrono una panoramica sull’evoluzione del suono del Boss. La fine dei travagliati anni Novanta è infatti segnata da un ritorno (questa volta più longevo) con i vecchi compagni della E-Street Band. L’esperienza con la E-Street Band questa volta prosegue e nell’estate del 2002 la riunita compagine pubblica il primo album studio da oltre quindici anni, The Rising, tristemente ispirato all’attentato alle Twin Tower, che l’11 settembre del 2001 cambia completamente il volto degli equilibri politici. Bruce Springsteen, da sempre attento osservatore della sua America, sembra rinascere da questo clima di terrore e ritrovare una nuova vena ispirativa. Sul finire del 2003 viene pubblicato solo un triplo Best Of, The Essential Bruce Springsteen, contenente versioni alternative e live di brani già noti. Nell’aprile del 2005 torna con un nuovo album in studio acustico, Devils & Dust. Le cose non vanno benissimo ed il rocker decide di fermarsi a meditare nella solitudine, la sua terza volta in trent’anni. La speranza, suscitata da The Rising, che la reunion con la E-Street Band non fosse stato un singolo episodio isolato, viene finalmente soddisfatta con l’uscita, nell’autunno del 2007, di Magic, un album che nonostante la perizia e l’esperienza cela un evidente calo ispirativo nella realizzazione dei nuovi brani. Le cose cominciano a non andare per il verso giusto: troppi risultati scialbi. Esce nel 2010 The Promise, il disco perduto che, in origine, avrebbe dovuto vedere la luce dopo Born To Run. La storia è nota: dopo aver conquistato le copertine di “Time” e “Newsweek”, tra il 1976 e il 1977 Bruce Springsteen si trova invischiato in un contenzioso giudiziario con il suo ex manager, Mike Appel, e per un anno è costretto a non mettere piede in uno studio di registrazione. Non una semplice questione di soldi, ci tiene ancora oggi a precisare Springsteen, ma una lotta per avere il pieno controllo della propria musica. Una musica che, nel frattempo, continua a sgorgare senza sosta: alla E Street Band in esilio basta la stanza di una fattoria nel New Jersey per trovarsi a provare le nuove canzoni, con uno spirito quasi da “Basement Tapes”. Solo una volta raggiunto l’accordo con Appel, Springsteen può finalmente entrare negli Atlantic Studios di New York, al fianco di Jon Landau.

Ma prima della pubblicazione di Darkness On The Edge Of Town passa ancora un altro anno: un anno di lavoro maniacale e ossessivo, in cui Springsteen arriva ad avere tra le mani oltre settanta brani. Ne sceglie soltanto dieci: dieci canzoni tese e sofferte, dieci capitoli di un’unica storia. “Era il mio disco samurai”, ricorda: l’album in cui mettere tutto in gioco. The Promise è un sogno che si avvera: una collezione di brani riscattati dall’oblio che rinnova la stessa epica di Darkness On The Edge Of Town. È il vento della crisi finanziaria a portare Springsteen a ritrovare l’orgoglio del riscatto. Nel 2012, il rocker americano realizza il suo disco più compatto e risoluto dai tempi di The Rising, almeno tra gli album pubblicati al fianco della E Street Band dopo la reunion. Si intitola Wrecking Ball. Sull’onda dei consueti e concerti in giro per il mondo va avanti l’operato di “The Boss”. Oggi si trascina stancamente. Ormai ha dato tutto. Storyteller d’altri tempi, Bruce Springsteen ha saputo mantenersi fedele a un’idea forte di musica come strumento di denuncia e sublimazione della realtà, elevando storie di ordinaria vita quotidiana al rango di poesia e attribuendo spesso un valore epico e paradigmatico alle proprie narrazioni. Il suo vasto canzoniere abbraccia trentacinque anni di storia americana, tra denunce sociali e sogni. Ma adesso, a quasi 72 anni di età, forse la cosa migliore è il riposo. Quello di un grande musicista, il cui nome rimarrà per sempre nella storia del rock mondiale.