La luce in fondo al pozzetto

Breve storia a puntate di una giovane blatta alla ricerca della Verità

 

Gentile lettore,

con questo racconto ha inizio la storia del giovane Kopro, un intraprendente scarafaggio animato da una vivace curiosità, e delle interessanti questioni  sulla natura di ciò che aveva sempre dato per scontato, ma anche di ciò che nemmeno aveva preso in considerazione prima di allora.

Il disegno della striscia illustrativa è tratto dalla prima illustrazione di Archy and Mehitabel, di Don Marquis, uscita in data 11 Settembre 1922 per il New-York tribune. Il nostro Kopro deve ad Archy, suo illustre predecessore, due cose: l’immagine in questione, e lo stesso rispetto dovuto a chiunque lotti per esprimere se stesso nonostante i propri limiti.

 

1. L’angolo luminoso

Un giovane esemplare di Periplaneta americana sedeva con aria mesta nel suo angolino, dopo aver consumato il suo pasto e, come di consueto, defecato sul posto. Aveva da poco concluso la decima muta. Di certo non sarebbe stata l’ultima, ciò nonostante pensava di aver già raggiunto maturità. Da giorni si sentiva irrequieto e un po’ claustrofobico. Quella stagione era stata particolarmente umida e calda, e le tubature circostanti avevano portato grosse quantità di cibo. Fatto ancora più provvidenziale: parecchi insetti erano morti a causa di un improvviso temporale in superficie, che trascinò molte delle carcasse dritte fino alla colonia. Quei corpi, ormai privi di vita, andarono ad accumularsi in un angolo cieco, formando un’abbondante e duratura riserva di cibo, che la fermentazione rendeva ogni giorno più appetitosa. Grazie a quelle condizioni così floride, il benessere della colonia crebbe a dismisura, con esso il numero di accoppiamenti e nascite. In poco tempo la comunità superò i cinquemila elementi, piombando in un caotico sovraffollamento. Non c’era un angolo dove poter stare sereni. Persino muoversi senza essere calpestati, o calpestare qualcuno, sembrava impossibile. Circondato ovunque si voltasse da adulti, neanidi e ninfe di ogni età, il nostro Kopro, così si chiamava, si ritrovò prigioniero di un disagio crescente. Cominciò a guardare verso l’alto, ogni giorno con maggiore insistenza. In barba alle tradizioni lucifughe della sua specie, il fascio di luce che penetrava da quell’apertura, per infrangersi nell’unico angolo della colonia dove nessuno si azzardava a mettere piede, sembrava solleticare il suo istinto da insetto cosmopolita. Forse avrebbe potuto risolvere i suoi problemi di spazio.

Un caldo pomeriggio il sovraffollamento gli divenne insopportabile. Due piccole neanidi, del tutto ignare del suo bisogno di tranquillità, giocavano a palle di escrementi proprio li accanto, mettendo a dura prova la sua pazienza. Fu quando venne colpito in pieno tra le antenne che capì di dover fare qualcosa. Lanciò un’occhiata torva ai piccoletti, per poi accorgersi che, in fondo, anche lui era passato in quello stadio. Si guardò attorno per cercare un altro angolo, tutto sembrava occupato e sovraffollato come sempre, eccetto quello illuminato dal raggio di luce, dal quale tutti si tenevano a debita distanza. Un senso di sicurezza, misto a voglia di avventura, lo scosse fino alle setole delle zampe. Drizzò le antenne e partì alla volta di quello spazio libero. Lo raggiunse in men che non si dica, districandosi agilmente tra quel groviglio di corpi, zampe e antenne. Giunto sotto il fascio luminoso ne fu abbagliato. Gli ci volle un po’ per abituarsi. All’inizio riusciva appena a scorgere le ombre delle cose, poi i loro riflessi nel rigagnolo centrale. Tutto ciò non sembrava bastargli. Dopo qualche minuto sollevò ancora lo sguardo all’altezza dei suoi consimili, che, avvolti dal rassicurante manto dell’oscurità, assistevano immobili bisbigliando tra loro. Aveva osservato più volte quel cono di luce ma mai da quella prospettiva. Decise di sollevare la testa per guardare dritto verso la sua fonte. «Fermo ragazzo!» Marziale, ma priva d’ira, una voce lo interruppe:«Prima di guardare in alto forse è meglio che tu sappia alcune cose…».

(Continua…)