Herbie Hancock: l’uomo del jazz e funk

Pianista e compositore amante del jazz ma non disdegnava il funk


Con ben sessanta anni di carriera alle spalle, Herbie Hancock rimane sempre all’avanguardia della cultura mondiale, della tecnologia e della musica. Oltre ad essere riconosciuto dal pubblico e dalla critica come leggendario pianista e compositore è stato parte integrante di ogni movimento culturale dagli anni Sessanta in poi. Questa mattina alle 11:00, nel programma Heroes su Radio Sardegna Web, sarà il protagonista ed ascolterete una playlist di 17 minuti a lui dedicata. (Massimo Salvau)


Herbert Jeffrey “Herbie” Hancock è un pianista e compositore statunitense. Considerato un’icona della musica moderna, si è distinto affrontando diversi generi musicali come il jazz, la musica Fusion ed il Funk. Inizia a studiare pianoforte all’età di 7 anni, e subito si dimostra un bambino prodigio. Nel 1961 Donald Byrd lo invita ad unirsi al suo gruppo a New York, dopodiché l’etichetta Blue Note gli offre un contratto. Il suo primo album è “Takin’ Off, del 1962, che diventa un successo commerciale grazie alla versione del percussionista Mongo Santamaria che esegue come cover il pezzo “Watermelon man”. Nel maggio del 1963 il grandioso trombettista jazz Miles Davis si incuriosisce riguardo questo giovane pianista e lo chiama per registrare il suo album “Seven Steps to Heaven. Hancock entra così a far parte dello storico quintetto di Davis, dove incontra anche dei musicisti con cui, in futuro, registrerà delle cose straordinarie musicalmente parlando: Wayne Shorter, Tony Williams e Ron Carter. Durante la permanenza nel quintetto, Hancock continua a lavorare per l’etichetta Blue Note, realizzando capolavori come “Maiden Voyage, “Cantaloupe Islande “Speak Like a Child. Nel 1968, partito per la luna di miele in Brasile, al suo ritorno si ammala gravemente e Miles Davis è costretto a sostituirlo permanentemente con quello che poi sarebbe diventato un grandissimo del jazz: Chick Corea. Lasciato il gruppo di Davis, registra per la Warner l’album “Fat Albert Rotunda, il suo primo disco squisitamente funky, anche colonna sonora di un cartone animato. Nel 1969 forma un sestetto con cui realizza diversi dischi come “The Prisoner”. In questo periodo incomincia a interessarsi di strumenti elettronici. Gli album per la Warner Bros segnano il definitivo passaggio nella sfera del funky. L’album di transizione è “Fat Albert Rotunda” al quale seguono “Crossings” e “Sextant” per poi passare alla fase funk vera e propria. L’album più significativo è “Head Hunters” in cui è presente il famoso singolo “Chameleon”.

Questo periodo continua fino agli anni ottanta, quando il continuo zigzagare di Hancock da un genere all’altro lo porta a seguire due progetti contemporaneamente: uno vicino alla disco e alla musica elettronica, da cui escono album come “Perfect Machine” e “Future Shock” che contiene un pezzo che poi rimarrà nella storia e rappresenterà un ballo oltre che “forse” stile di vita ovvero “Rockit”. L’altro progetto che proverà a seguire e realizzare è più hard-bop. Sempre in questi anni si esibisce con numerosi concerti nel power-jazz trio Hurricane con Billy Cobham e con Ron Carter, riscuotendo un enorme successo. Durante il tour internazionale del 1984, assieme a lui suona Foday Musa Suso (griot del Gambia), e nel 1985 pubblicano assieme “Village life”, LP in cui Hancock suona il sintetizzatore elettronico Yamaha DX-1 che consente di modificare l’intonazione delle singole note, e quindi di sbizzarrisi con certe sonorità. Gli anni novanta segnarono un nuovo e fertile periodo per il pianista di Chicago: i progetti “The New Standards”, “Gershwin World”e “Directions in Music” sono gli album di riferimento delle nuove avventure di Hancock. Nel 2005 pubblica l’album “Possibilities”, in cui compaiono le collaborazioni con artisti vari, tra i quali John Mayer e Christina Aguilera. Nel 2007 esegue con Quincy Jones il brano “The Good”, “The Bad and The Ugly” contenuto nell’album “We All Love Ennio Morricone”. Nel Febbraio del 2008 il suo “River: The Joni Letters”, dedicato all’amica cantautrice Joni Mitchell, viene premiato con il Grammy Award come miglior album. Cosa si può dire, quindi, di Herbie Hancock? E’ stato uno dei più grandi jazzisti di tutti i tempi. Gli esperti ne discutono da anni, ma la sua genialità non può venire negata in alcuna maniera, nonostante alcune sue sperimentazioni nella musica leggera non abbiano mai fatto grande piacere ai puristi del jazz. Cosa fa oggi Herbie Hancock? Si gode il suo status di icona della musica mondiale e continua a essere da esempio per tanti artisti che si affacciano sulla scena musicale in questi anni. Mi onoro di avergli fatto un servizio fotografico e stretto la mano nel 2020, quando venne a Cagliari, al Teatro Massimo, in occasione del Jazz Expò.