I Led Zeppelin: sound rivoluzionario

I Led Zeppelin hanno saputo creare un suono unico semplicemente vestendo con panni nuovi una musica che ormai cominciava a diventare vecchia: il blues


I Led Zeppelin probabilmente passeranno alla storia per un singolare primato: hanno contribuito in modo massiccio all’evoluzione della musica rock non inventandosi quasi nulla, ma, anzi, attingendo a piene mani dal repertorio blues e rock-blues degli anni 50 e 60 prima, e dal folk e dalla musica orientale poi. Nella puntata di questa mattina, alle ore 11:00 su Radio Sardegna Web, i protagonisti della puntata di Heroes saranno i Led Zeppelin (Massimo Salvau)


Il loro è un sound quasi “rivoluzionario”, che lascerà segni indelebili nel futuro del rock’n’roll. Ed è proprio questa la grandezza dei Zeppelin, che sono stati capaci di giungere laddove altri gruppi britannici prima di loro avevano solo tentato di arrivare (come gli Yardbirds, i Cream, Jeff Back Group…etc). I Led Zeppelin hanno saputo creare un suono unico, fondamentale, semplicemente vestendo con panni nuovi una musica che ormai cominciava a diventare vecchia. Una rivoluzione formale, basata in gran parte sul sound, talmente massiccia, però, da travolgere anche la sostanza, tanto da dare il la a buona parte dell’hard rock sviluppatosi negli anni a venire, fino ad arrivare ai giorni nostri, nei quali è ancora ben visibile lo spettro del dirigibile su molte band. Ma non c’è solo l’immortalità delle canzoni dietro il mito dei Led Zeppelin. Page e soci, infatti, possono vantare una serie di piccole rivoluzioni che hanno cambiato la storia della musica. Furono i primi a raggiungere un successo di massa senza dipendere dalla programmazione radiofonica. Fino ad allora, radio e televisione erano state dominate dalle hit parade, e quindi dal 45 giri. I Led Zeppelin sfondarono senza mai entrare in quelle classifiche. Nemmeno la loro più grande hit, “Stairway To Heaven”, divenne mai un singolo. E anche come intitolarono i primi album (alcuni privi persino del loro nome in copertina) segnò una rottura con la tradizione, che voleva i titoli dei dischi funzionali al marketing della band. Ad attrarre la gente e gli appassionati di musica furono le loro esibizioni dal vivo. Esibizioni che, sull’onda emotiva di Woodstock, riportavano il rock alla sua dimensione più selvaggia e genuina. I concerti dei Led Zeppelin avevano un’energia feroce, una fantasia incredibile, da un furore quasi mistico. Erano note assordanti e melodie folk, deliqui blues e sciabolate elettriche insomma….un’orgia sonora dominata dai virtuosismi iper-veloci di Jimmy Page e dal canto stridulo e possente di Robert Plant.

Tutto nasce da un’idea del chitarrista Jimmy Page. Dopo una lunga gavetta come session-man Page approda agli Yardbirds, storica formazione inglese che in precedenza aveva ospitato nomi come Eric Clapton e Jeff Back. Sfornato l’ultimo singolo, nei primi mesi del 1968, il gruppo si scioglie. Per obblighi contrattuali (una serie di concerti), Page rifonda il gruppo, sotto il nome di New Yardbirds. Il primo a essere reclutato è il suo amico John Paul Jones (al secolo James Baldwin), bassista/tastierista e anch’esso ricercato session-man. Sfumato il tentativo di reclutare il cantante/chitarrista Teddy Reid e il batterista dei Procol Harum B.J. Wilson, Page, dopo aver assistito a un concerto degli sconosciuti Hobbstweedle, ingaggia il biondo cantante del gruppo, Robert Plant, dalla potentissima voce di stampo rock-blues. Su suggerimento di Plant, viene infine contattato il batterista John “Bonzo” Bonam, dal drumming personale e potente, reso ancora più rumoroso dall’uso di foderare i rullanti e i tom di carta stagnola. Vero e proprio quinto membro del gruppo sarà il fedelissimo manager Peter Grant. I primi provini sono entusiasmanti. Il primo materiale suonato è composto da cavalli di battaglia degli Yardbirds (tra i quali “Train Kept-a-Rollin'”, lo storico, primo pezzo messo a punto), inediti brani scritti da Page e classici blues e rhythm and blues. Onorato il contratto, il gruppo cambia nome in Led Zeppelin. Il nome viene suggerito da Keith Moon e John Entwisle degli Who. I primi successi arrivano dall’America. E’ qui che il gruppo debutta il 26 dicembre del 1968, a Denver, Colorado, come supporter di due band sulla cresta dell’onda, come Vanilla Fudge e Iron Butterfly ma gli Zeppelin “offuscano” i loro show grazie a una esibizione memorabile: mai un gruppo aveva suonato il blues con tanta grinta.

Poco prima della partenza per il tour americano, il gruppo aveva trovato il tempo per registrare il suo primo album ovvero “Led Zeppelin”. L’esordio della band inglese è sostanzialmente un confronto con la storia del blues: contiene infatti dei brani di Willie Dixon, autore che verrà “saccheggiato” anche in seguito. Per rendersi conto del potenziale del gruppo basta confrontare brani come “You Shock Me” e “I Can’t Quit You Baby” con versioni eseguite da altri artisti: quelle degli Zeppelin schiacciano in ogni senso le altre, grazie al loro incedere pesante, ma allo stesso tempo pieno di riff e spunti d’improvvisazione. Brani inediti come “Good Times Bad Times” e “Communication Breakdown” presentano riff epici che resteranno nella storia. Nonostante l’album non abbia nemmeno un singolo a rappresentarlo, i Led Zeppelin scalano le classifiche americane ed quando il gruppo, al termine del tour, torna in patria, è ormai diventato una celebrità. Il 1969 degli Zeppelin scorre quasi totalmente in tour, con quasi 150 show. Nelle brevissime pause, il gruppo trova il tempo di registrare il suo secondo lavoro, chiamato semplicemente “II”. Il risultato è un sound meno psichedelico e più “duro” rispetto all’esordio, con un piglio quasi da live in studio. Il successo, naturalmente, sarà grandioso. L’album resterà nelle classifiche di Billboard per 138 settimane e al n.1 per un mese e mezzo, vendendo, in soli sei mesi, tre milioni di copie. Unici sgradevoli “strascichi”, le controversie per plagio con le case editrici di Dixon e Burnett, che saranno risolte con faticose mediazioni dai legali della band.

I lunghissimi tour però affaticano il gruppo, che decide di prendersi una pausa: Page e Plant si ritirano in un cottage gallese presso Bron-Yr-Aur per comporre nuove canzoni. Mentre Page manifesta il suo amore per il folk, Plant è sempre più interessato al soffice rock californiano. Dalla fusione di queste influenze, nel 1970, nasce uno dei lavori più controversi della band, anche questa volta intitolato semplicemente con un numero:”III”. L’album alterna una prima facciata elettrica a una totalmente acustica. E’ proprio durante il tour di supporto a questo nuovo album che i Led Zeppelin scenderanno in Italia per un concerto, l’unico della loro carriera nel nostro paese. Il 3 luglio 1971, al PalaVigorelli di Milano, il gruppo è ospite del Cantagiro, e si decise di farli esibire dopo gli artisti italiani ma la mossa non fu per nulla azzeccata. Il concerto iniziò scatenando l’ira di chi era ancora in fila per i biglietti. Furono inevitabili, quindi, le cariche della polizia. Prima, la violenta contestazione a fischi e lattine verso i “canzonettari” del Cantagiro, che aprivano la serata. Poi, durante l’esibizione dei Led Zeppelin, il putiferio: Robert Plant non fa in tempo a completare il primo brano, che la musica si ferma, la polizia spara candelotti lacrimogeni, si alza il fumo. Alla terza canzone, altri lacrimogeni e una carica della polizia, con la gente che, in preda al panico, invade il palco. Plant disgustato dirà: “Quella sera credemmo di morire. Fummo costretti ad abbattere una porta per rifugiarci nei camerini. Quando cercammo di recuperare gli strumenti, scoprimmo che era stato tutto distrutto. Non verremo mai più a suonare in Italia”. La promessa verrà mantenuta. Curioso, invece, l’episodio di Copenaghen, 21 febbraio 1970: i Led Zeppelin sono costretti a esibirsi come The Nobs per la minaccia di azione legale da parte degli eredi del conte Von Zeppelin, inventore del dirigibile simbolo del gruppo.

Forse a causa dei rapporti tesi con la stampa, il gruppo, dopo un mini-tour in incognito in piccoli club, decide di depurare la sua musica da qualsiasi elemento estraneo. Per questo il nuovo album, pubblicato nel 1971, non presenta né il nome della band né un titolo, ma solo 4 misteriosi simboli, rappresentanti ognuno un membro della band. Che sia una cosa voluta o no, il risultato è di creare, intorno al disco, un alone di mistero. Tra i vari titoli citati per indicarlo si userà semplicemente “IV”. Anche la copertina rinuncia al dirigibile che tanto aveva caratterizzato graficamente le copertine. E come sonorità?  Tira aria di rock pesante, di ritmo impazzito, in cui tutti gli strumenti si amalgamano in un flusso di energia incontenibile. Ma alle volte entrano in gioco anche delle splendide ballate. Il disco venderà dieci milioni di copie solo negli Stati Uniti. Al termine dell’ennesimo tour mondiale, e di una prima parte di carriera eccelsa, per il gruppo è arrivato il momento dei bilanci. L’alchimia di blues, psichedelia, rock e folk aveva trovato la sua massima esemplificazione nei primi quattro album. Riciclare la stessa formula sarebbe stato troppo facile. Occorreva perciò allargare i proprio orizzonti, e cercare vie alternative non ancora esplorate. Mettersi in discussione.  Nel 1972, sfruttando questo momento di pausa, Page intraprende un viaggio mistico in India. Registrerà con alcuni musicisti indiani i brani “Four Sticks” e “Friends”, un esperimento che troverà un seguito solo ventidue anni dopo.

I quattro diserteranno la sala d’incisione per ben due anni, e quando ritorneranno, il risultato non sarà totalmente all’altezza delle aspettative. “Houses Of The Holy”, pubblicato nel 1973, è un album che in parte delude i fan. Abbandonato in alcuni frangenti lo sporco blues-rock degli esordi, il gruppo decide di puntare su brani più elaborati e ricercati dal punto di vista musicale, con un maggior utilizzo di suoni elettronici. Nonostante la qualità resti elevata, l’album difetta di una canzone di spicco, del lampo di genio che ne alzi la media. Nonostante la tiepida accoglienza di critica e pubblico, i Led Zeppelin si lanciano in un altro mastodontico tour, che culminerà nella data al Madison Square Garden di New York, immortalata in seguito nel film-documentario “The Song Remains The Same”. Il 1974 è dedicato alla promozione della nascente casa discografica del gruppo, la Swan Song. I quattro scelgono quindi di partecipare individualmente ai progetti discografici degli artisti messi sotto contratto (tra cui figurano i Bad Company, Maggie Bell e i Pretty Things). Nonostante tutto, alla fine dell’anno il gruppo rientra in sala di registrazione, e, nel marzo del 1975, viene pubblicato il mastodontico doppio Lp “Physical Graffiti. Oltre alle nuove registrazioni, sono presenti sette brani mai inseriti nei loro precedenti lavori. L’album rappresenta una specie di summa delle tappe artistiche del gruppo. Sarà un altro grande successo per la band, apprezzato sia da critica che dal pubblico. Sarà l’ultima volta in cui il Dirigibile volerà in alto: d’ora in avanti, infatti, la fortuna volterà le spalle al gruppo. Durante il faraonico tour di supporto, Robert Plant, nell’isola di Rodi, è vittima di un brutto incidente d’auto, che lo costringe sulla sedia a rotelle per un lungo periodo. La voglia di non darsi per vinto ha la meglio: Page raggiunge Plant a Malibu, dove sta trascorrendo il periodo di convalescenza, per scrivere nuove canzoni, mentre John Paul Jones e John Bonham tornano dalle loro famiglie. Forse anche per questo, il disco successivo, “Presence, pubblicato nel 1976, può essere considerato l’album più imperniato sulla chitarra nella discografia dei Led Zeppelin: è infatti Page a comporre tutte le canzoni, mentre Plant si dedica ai testi. Si avverte, lungo tutto il disco, la rabbia e la volontà di dimostrare di essere ancora gli stessi. Se da un lato questo porterà a un suono molto più “hard”, d’altro canto la paura di non farcela e la fretta porta il gruppo a spremere fino all’osso il poco materiale che era a disposizione prima di entrare in studio.

Le vendite dell’album saranno scarse in patria, mentre in America “Presence sarà il primo album della storia a diventare disco di platino con le sole prenotazioni. A penalizzare le vendite sarà anche la pubblicazione del live doppio “The Song Remains The Same, colonna sonora dell’omonimo film. L’album, registrato al Madison Square Garden di New York nel 1973, presenta il gruppo non proprio in forma perfetta, ma comunque sempre grintoso. Nel 1977 parte un nuovo tour americano. Nei primi quattro mesi tutto procede liscio, poi in una escalation di eventi tragici Page ha un collasso sul palco, Bonham, Grant e due roadie sono arrestati per aver picchiato due promoter dello staff dell’impresario Bill Graham. Infine, il gruppo riceve la notizia della morte del figlio di Plant, Karac, di cinque anni. La tournée viene interrotta tra polemiche e strascichi giudiziari. Come se non bastasse, di lì a poco Bonham si frattura il polso in un incidente d’auto. Iniziano a circolare voci secondo cui la causa del declino del gruppo sia l’interesse di Page per l’occulto… Il gruppo torna in studio solo nel maggio del 1978. La scena musicale però, non è più la stessa: il progressive e l’hard rock, che fino ad allora erano stati i generi più in voga, vengono messi in crisi dall’esplosione del punk. I punk odiano i “dinosauri” come i Led Zeppelin, soprattutto a causa del loro stile di vita, fatto di evasioni fiscali, party con le groupie, hotel a 5 stelle e un successo costruito su brani lunghi e autocelebrativi, privi di un qualsiasi messaggio politico o sociale. Oltre a questo, il gruppo sembra sfaldarsi: i dissapori tra Page e Plant sono sempre più insostenibili, mentre Jones e Bonham dividono il loro tempo tra il gruppo e la Rockestra di Paul McCurtney.    Un po’ per tutti questi motivi, il nuovo album, “In Through The Out Door”, è un vero e proprio disastro: il gruppo cambia quasi completamente genere, perdendo la rotta. La voglia di apparire “alla moda” li porta a snaturare completamente, infarcendolo di sintetizzatori, il loro tipico sound. D’ora in poi, i quattro non azzeccheranno nulla.

Nel giugno del 1980 il gruppo intraprende un mini-tour in giro per l’Europa. Il risultato è così confortante da spingere i quattro a programmare un nuovo tour americano. Ma il 25 settembre, nella villa di Page presso Windsor, dove il gruppo si era rinchiuso per le prove, John Bonham viene trovato morto, dopo una lunga notte di abuso alcolico. E’ la fine: il gruppo decide di sciogliersi. Il 4 dicembre 1980, il comunicato-epitaffio della band: “La perdita del nostro amico e il rispetto per la sua famiglia ci hanno portato a decidere che non potremo continuare come prima”. Per obblighi contrattuali, viene pubblicato postumo, a due anni dalla tragedia, “Coda”. E’ un album assemblato con i rimanenti brani inediti. Dal 4 dicembre del 1980, il vuoto lasciato dal gruppo non è mai stato colmato. Sia Page che Plant hanno intrapreso in seguito carriere soliste lontane dai fasti dei Led Zeppelin (molto deludente soprattutto quella di Page). Nonostante questo, i tre superstiti si sono incontrati per suonare insieme varie volte: con la session “old rock” degli Honeydrippers (1984), al Live Aid, 1987 (Phil Collins alla batteria), in un concerto celebrativo per il quarantesimo compleanno della Atlantic, (1988, Jason Bonham, figlio di John, dietro le pelli).
Page e Plant hanno addirittura pubblicato due album insieme: nel 1994 “No Quarter: Jimmy Page & Robert Plant Unledded, in cui vengono reinterpretati alcuni classici dei Led Zeppelin in chiave orientale, oltre a quattro brani scritti appositamente, e nel 1998 “Walking Into Clarksdale, più tendente al rock/blues ma dall’andamento altalenante. Ma il regalo più grande ai fan Page lo offre nel 1997 con la rimasterizzazione in due cd delle storiche Bbc Sessiondei Led Zeppelin, circolate per anni attraverso innumerevoli bootleg. Anche oggi, a quasi trent’anni dal loro scioglimento, il dirigibile dei Led Zeppelin continua a restare in quota. L’interesse per gli hardrocker britannici non accenna a diminuire. Io non ho mai ascoltato tantissimo i Led Zeppelin, preferivo i Deep Purple, però canzono come “Communication breakdown” o “Whole Lotta Love” oppure mi sono sempre piaciute e le ho pure suonate con il basso quando avevo una band. L’ultima cosa vorrei dirla e riguarda John Bonham: fu un personaggio fuori dalle righe e per via della carriera con gli Zeppelin fu costretto a vivere per lungo tempo lontano dalla famiglia, e questo gli creò non pochi disagi, essendo una persona semplice, un ragazzo di campagna inglese molto legato agli affetti e meno portato per le folle oceaniche. Anche per via di questi problemi iniziò a bere. Un unico grande vizio che sarà la sua rovina.