“I giovani hanno perso lo spirito della ricerca”

Noi, nati negli anni 60 e 70, esploravamo più o meno tutto.


La Desvelos Records (http://www.desvelos.it/) si è formata spontaneamente come agglomerato delle idee e delle intenzioni di un gruppo di persone artisticamente simili e tra loro vicine da tanto tempo. Due, tre dischi l’anno, nessun genere preciso o preclusione di sorta, nessun direttore artistico o impiegato generico. Tutti al servizio di tutti. Questa etichetta è una comunità vera e propria. Abbiamo intervistato Giuseppe Pionca, uno dei fondatori della Desvelos.


Giuseppe: intanto ti chiedo quanto è cambiata la musica negli ultimi 10 anni? In bene o in peggio?

“Come ogni forma d’arte, anche la musica si è evoluta. Se proviamo a guardarla con lo spirito dell’osservatore nostalgico potremmo affermare che questa è mutata in peggio perché le nuove generazioni fruiscono della musica alla pari di una applicazione qualsiasi installata sullo smartphone, meglio se social e soprattutto se gratuita: ne hanno una per la chat, una per le foto e quindi, una per la musica. Di conseguenza, quella che veniva chiamata “industria musicale” ha definitivamente mutato pelle, dapprima tracciando, analizzando e classificando i gusti dei più giovani, per poi propinargli esattamente, spesso gratuitamente, ciò che questi si aspettano, attraverso artisti il cui format è costruito a tavolino e sarà scontatamente di successo. Cioè, io industria musicale ti darò esattamente ciò che tu vuoi. E a far da spalla a questo sistema ci sono varie multinazionali che ti ci infilano ovunque della pubblicità subliminale. Discorso diverso vale per noi nati negli anni sessanta o settanta che, riscoperto il vinile, continuiamo a fruire della musica grossomodo come agli esordi, ormai risalenti a trent’anni fa. Mi amareggia della gioventù di oggi che sia evaporato lo spirito ed il piacere della ricerca. Noi esploravamo più o meno tutti i generi, saltando con agilità da un artista ad un altro, mentre adesso tutto il mercato contemporaneo sembra omologato, principalmente polarizzato verso un solo genere, come la musica Trap, ad esclusivo uso e consumo dei giovanissimi oppure, nel caso della generazione dei ventenni, sembra esista solo il “nuovo cantautorato”, che di contenuti nuovi poco o niente ha, perché a me francamente sembra di riascoltare Battisti, De Gregori o Rino Gaetano. L’unico genere, forse più datato ma che sembra sopravvivere a questo cataclisma, sembra essere il metal e le sue declinazioni. Il pubblico che segue questa musica e riempie ovunque i concerti è foltissimo e variegato sia per età anagrafica che per categoria sociale. Ciò che mi dispiace è la graduale ed ineluttabile scomparsa della carta stampata specializzata. Osservando in giro per la città noto che nessuno stringe tra le mani una qualsiasi rivista musicale, seduti in fila d’attesa, nei mezzi di trasporto o in una panchina. L’unico immancabile accessorio è diventato lo smartphone con tutto il proprio mondo racchiuso là dentro. Segue che, dopo 41 anni di pubblicazioni e 767 numeri in edicola, purtroppo ha definitivamente chiuso i battenti una delle riviste musicali più longeve e caratteristiche come il Mucchio Selvaggio“.

So che la musica è una componente essenziale della tua vita. Non a caso hai fatto nascere, insieme ad altre persone, la Desvelos Records. Qual è il senso della tua etichetta discografica?

“Adoro la musica assieme ad ogni sua sfaccettatura e credo proprio che non riuscirei a privarmene talmente presto. Ho la casa piena di materiale musicale e ancora adoro sfogliare vecchie riviste e leggere le recensioni come fossero dischi appena usciti oppure soffermarmi sulle interviste. Ora non disdegno nemmeno alcuni portali web specializzati. Mi attirano tantissimo le biografie degli artisti a prescindere dal genere trattato. Cioè, amo leggere, evocare e ripercorrere dettagliatamente, passo dopo passo, qual è stato il percorso che ha permesso loro di arrivare a livelli tali di notorietà. Quella che veramente mi ha toccato nel profondo è la biografia di Billie Holiday. Ma anche il documentario sui Nina Simone è stata un’esperienza segnante. Tornando alla nascita di Desvelos, correvano i primi anni duemila e il periodo lo permetteva. Tutto sembrava essere propizio e favorevole per affrontare un’esperienza del genere. Al di là della ragione sociale e degli aspetti amministrativi, l’etichetta era letteralmente un agglomerato di artisti, musicisti e fotografi, di grafici e editori, un collettivo di prestatori d’opera che respiravano la stessa aria creativa. C’era chi metteva a disposizione gratuitamente spazi come musei, chi ci ospitava per i concerti, chi cedeva e condivideva le proprie fatiche discografiche, chi ci regalava la grafica dei dischi e così via. Con questi presupposti sono stati pubblicati ben 17 lavori discografici in un contesto orami difficile da replicare“.

Vale la pena portare avanti il discorso Desvelos? Considerando i costi è le difficiltà che ci sono?

“Rispetto agli esordi datati anno 2002, alcune intenzioni sono state necessariamente rimaneggiate. Nel suo piccolo, un’etichetta come Desvelos esiste ancora e cerca di resistere ad oltranza nel proprio settore di appartenenza solo se riesce ad esprimere qualità e, contemporaneamente, se riesce a pubblicare musica su supporti discografici tangibili. Mi spiego meglio: per ora abbiamo sempre dispacciato CD e vorremmo prima o poi migrare verso il disco in vinile, cercando di non sacrificarci totalmente a favore del mercato caro alla musica liquida come le varie piattaforme dedite allo streaming, sebbene questo aspetto non sia da disdegnare ma che vorremmo rimanga complementare. Tornando alla tua domanda, realizzare un disco comporta costi mai banali che difficilmente l’etichetta potrebbe sostenere in proprio se poi venissero commisurati agli effettivi ricavi derivanti dalle vendite nei negozi e nei circuiti specializzati che ormai sono quasi scomparsi. Per tale motivo, le ultime nostre pubblicazioni sono scaturite più dalla volontà di collaborazione, spesso fortemente voluta dagli stessi artisti, i quali si fanno carico della maggior parte dei costi vivi, ma poi com’è giusto che sia, detengono praticamente tutti gli introiti. In questi casi Desvelos ha sostanzialmente svolto il ruolo di coordinamento, mettendo sul piatto il proprio contributo sotto forma di “materia prima” ma fregiandosi di dischi in catalogo in linea con le proprie intenzioni editoriali”.

In genere pubblicate due o tre dischi all’anno. Ma…..ci vuoi raccontare tutto il lavoro che c’è dietro? Dall’inizio alla fine.

“È un processo lento, lungo e laborioso. In genere l’uscita di un disco è preceduto da un approntamento di almeno sei mesi. Tralasciando le tempistiche necessarie alla produzione del master audio, variabili a seconda dell’artista, a noi spettano gli accordi con la società di distribuzione (la toscana Audioglobe) con la quale conciliare la data di uscita, poi occorre trovare il fornitore più adatto alla replica del cd, non prima dell’aver espletato le pratiche per ottenere la licenza SIAE necessaria per produrre ed acquistare i famigerati bollini argentati. Occorre poi dettare i tempi generali del progetto e verificarne gli avanzamenti,  come la fase di realizzazione della parte grafica secondo specifica tecnica del fornitore, la chiusura in studio del master audio, uno o più ascolti minuziosi per captare eventuali sbavature prima della replica, poi gestire i contratti di licenza con gli artisti e le relative edizioni musicali, inviare le anteprime alla stampa specializzata con i quali programmare recensioni ed interviste. Messo tutto in fila, non resta che attendere la spedizione dei colli dal fornitore, la cui attesa e apertura può per certi versi ricordare un parto, e quindi procedere con la spedizione dei vari quantitativi verso il distributore, l’artista ed i giornalisti. Pensa che su diciassette uscite discografiche, ho praticamente fatto tutto da solo“.

Ma se io, oggi, volessi fare esattamente come te, cioè metter su un etichetta discografica che consigli mi daresti?

“Le dinamiche sono radicalmente cambiate. Adesso non esiste un vero e proprio mercato discografico a supporto delle piccole etichette così come lo intendevamo quindici anni fa, quando i numeri rilevanti del periodo erano considerevoli se considerati come la somma di tutto un movimento. Un distributore vendeva centinaia di pezzi al mese, non di un solo artista, ma di tanti e rappresentati da più label. Strada facendo, e sino ai giorni nostri, le vendite si sono notevolmente rimaneggiate, l’intermediazione delle etichette aveva poco senso e parecchi artisti hanno preso consapevolezza  giustamente optando per autoproduzione completa. Compongono, realizzano, stampano i  dischi in proprio e si amministrano totalmente da soli. Tornando alla domanda, se ora dovessi ripartire da zero, oltre al reperimento di un congruo gruzzolo e di tanto, tanto tempo libero, dapprima cercherei di identificare le band e gli artisti da sostenere, investendo nella ricerca, nello scouting nel vero senso della parola, girando per i locali, frequentando le salette, frugando in rete. Poi lo affiancherei ad una guida artistica esterna, un po’ come abbiamo sempre fatto in casa Desvelos, attingendo principalmente dal giro degli amici musicisti professionisti. Ma purtroppo, secondo me, perlomeno a Cagliari e in Sardegna, non c’è stato un ricambio generazionale quando a stento si sente parlare di band emergenti fuori dai soliti contesti che non siano concorsi musicali nati ed organizzati in locali con l’intento principale di incrementare la vendita di birra. In questo momento non saprei farti un solo nome. Ed è qui che ci si scontra con il fenomeno delle cover band quando invece per band emergente intendo riferirmi al senso letterale del termine. Hai presente quando il nome di un gruppo o di un artista viene fuori da sé, rimbalza perché rilanciato di bocca in bocca, oppure quando senti casualmente delle note provenire da una radio o da un locale, allora ti soffermi stupito e beato a goderti il momento e chiedi chi siano? A me non accade più”.

Torniamo alla musica. Quali sono i nomi (artisti o band) che in questo momento stanno facendo delle cose interessanti e stanno attirando l’attenzione della critica?

“Se devo attingere riferendomi al panorama sardo la risposta è parzialmente contenuta nella risposta precedente. Altrimenti devo necessariamente ricorrere a quei nomi – è vero – non propriamente esordienti, ma che tutt’ora dimostrano di avere tante belle cose da dire e tante belle note da far suonare. In testa a tutti quoto l’immarcescibile Joe Perrino e le sue svariate declinazioni musicali (Operaio Romantico, Canzoni d’amore a mano armata, Grog) assieme ai Dorian Gray di Davide Catinari. Entrambi, in virtù di una carriera più che trentennale, sono progressivamente riusciti ad evolversi, allargando e rinnovando sempre più la platea dei propri estimatori. Dalle spore degli Antennah invece, sono nate due band molto interessanti e che riescono ancora ad incuriosire: i Chiodi Blu e i Texile, rispettivamente con lavori propri freschi di uscita praticamente autoprodotti, nel senso di mantenimento dell’autonomia e dell’indipendenza da terze parti. Infine, personalmente sto aspettando con curiosità l’uscita del disco di Gianmarco Diana e dei suoi Dancefloor Stompers e, se ci sarà, il prossimo lavoro di Pasquale Demis Posadinu, artista di Nulvi (SS) che ho avuto il piacere di sostenere con Desvelos, oltre che da solista, sin dai tempi della prima band nella quale militava, cioè i sassaresi Primochef. In tutto ciò, sarà conseguenza del mio attuale stato d’animo, continuo a non scorgere segnali da una nuova leva artistica sarda (oppure ci sono e non li sento)”.

Nell’era di Youtube e dello scaricare musica gratis come riesce la Desvelos a cavarsela?

“Penso che il download abbia relativamente penalizzato gli introiti di una etichetta piccina come Desvelos, soprattutto quando si parla di dischi con basse tirature. Anzi, per certi versi potrebbe aver avvantaggiato le vendite. Ad esempio, se a me un disco piace per davvero, devo possederlo in versione originale, e faccio anche salti mortali per reperirlo. Infatti, non sono e non sarò mai l’unico che acquista dischi direttamente ai concerti o attraverso il mail order, spesso dopo un concerto oppure perché talmente incuriosito dall’ascolto attraverso i portali specializzati nello streaming audio. Tieni pure conto che, la pirateria musicale, così come era intesa anni fa, sta sempre più scomparendo proprio grazie a questi portali che da una parte propongono l’ascolto gratuito dei brani, e dall’altra riescono a veicolare qualche soldino direttamente all’artista. Forse la penalizzazione delle vendite a discapito del download potrebbe toccare un artista di fascia superiore, cioè quando si sale di livello si diventa sempre più noti, ma ad esempio, col prepotente ritorno del vinile, ora si vendono sempre più pezzi con margini decisamente più vantaggiosi”.

Progetti futuri per la Desvelos Records?

“Per questo anno (2018) non abbiamo schedulato niente se non il trasferimento graduale del catalogo su alcune piattaforme di streaming, questo attraverso il nostro distributore, solo perché molti di quei cd sono andati esauriti e non avrebbe senso ristamparli ex novo, poi perché alcuni degli artisti Desvelos hanno acquisito o già avevano una risonanza internazionale e la loro musica richiede reperibilità. Quindi nessuna nuova uscita in programma ma, conoscendoci, potremmo non saper dire di no a qualche allettante ed entusiasmante proposta a bruciapelo, come spesso è accaduto in questi anni. Insomma, nel vero senso dell’indipendenza, ci piacerà poter decidere senza scadenze o calendari, restando in attesa di folgorazioni”.