Intervista a Francesco Gallina

Pubblicato il suo libro “Donne rocciose”


Francesco Gallina ha cominciato all’età di diciassette anni come speaker radiofonico e scrivendo inizialmente per la fanzine di Torino “Metal Fortress” e poi per “Inferno Rock”, la prima rivista dedicata all’Heavy Metal in Italia regolarmente diffusa in edicola. Dal 2005 scrive per la metal webzine “Metallized.it”, per cui ha pubblicato ad oggi oltre 2000 tra recensioni, live report, articoli di approfondimento a sfondo sociale e culturale ed interviste ad alcuni tra i personaggi più in vista della scena metallica internazionale. Ha pubblicato alcuni racconti brevi con Perrone Editore, è autore della prefazione della biografia Rory Gallagher, il bluesman bianco con la camicia a quadri e una sua recensione è compresa nel volume Italian Rhapsody. L’avventura dei Queen in Italia.


Perché scrivere un libro sulle donne che cantano e suonano musica rock?

“Perché credo che questo sia stato e in parte sia ancora un ambiente a netta prevalenza maschile, pertanto adatto a descrivere non solo la realtà della donna al suo interno, ma anche a fare da pretesto per parlare della condizione dell’universo femminile nella nostra società e di farlo fornendo dei modelli ai quali ispirarsi attraverso il tempo. Il focus del libro è proprio questo. C’è un testo principale che parla di musica, dischi, aneddoti, circostanze, incontri e poi un sotto testo che racconta l’evoluzione della figura della rocker inquadrata come musicista e come membro della società. Descrivendo per ognuna delle protagoniste degli aspetti poco noti al grande pubblico, ma basilari per definirne il profilo completo e spiegare perché possano essere considerate delle fonti di ispirazione. Oppure il contrario, in certi casi”.

Quando e come è scattata in te quella molla che ti ha permesso di scrivere questo libro?

“In realtà il tema mi è caro da molti anni, tanto che avevo già dedicato all’argomento una serie di articoli. Ad un certo momento, però, ho sentito l’esigenza di mettere tutto insieme e dare un senso più compiuto a tutto quel lavoro. Ho riscritto, notevolmente ampliato e circostanziato quanto a disposizione, gli ho dato un ordine cronologico partendo dagli anni 60 e arrivando fino a oggi ed ho aggiunto molto materiale integralmente nuovo a legare il tutto. Poi ho sottoposto il testo in prima stesura a varie case editrici sperando che potesse interessare a qualcuno, preparandomi a una lunga attesa. Magari inutile. Invece, dopo appena tre giorni ho ricevuto una mail dalla Arcana – una delle case editrici di punta del settore – che mi annunciava il loro interesse preliminare, da approfondire nelle settimane seguenti. Per farla breve: dopo undici giorni dal primo invio ho firmato il contratto editoriale e “Donne Rocciose – 50 ritratti di femmine rock, dalla contestazione alle ragazze del 2000” ha preso vita. Una storia forse inusuale, ma è andata cosi”.

Quanti capitoli ha il libro e ogni capitolo come è strutturato?

“Si tratta di un’opera piuttosto impegnativa, che si sviluppa su 430 pagine. Dopo l’introduzione troviamo i 50 capitoli riguardanti altrettante donne rock, divise per decadi. Ognuna di queste è preceduta da una breve presentazione che contestualizza storicamente i decenni trattati (i movimenti politici degli anni 60, il femminismo degli anni 70, etc.) e per finire ho inserito un capitolo finale in cui si traggono le conclusioni. Nei 50 ritratti viene descritta la vita di ognuna delle artiste trattate non solo dal punto di vista musicale, ma anche privato, per poi dare nella parte finale degli spunti di discussione relativi ad aspetti poco noti della loro persona, come l’impegno nel sociale o particolari traversie personali. Non sempre a lieto fine, come nei casi di Wendy O. Williams o Mia Zapata. Al principio di ogni capitolo, infine, è indicato un “disco consigliato” per avvicinarsi alla loro musica”.

Secondo te, da appassionato di musica, le donne che suonano il rock hanno una marcia in più? E perché si parla poco di loro?

“La hanno nella misura in cui, come in tutti gli altri aspetti lavorativi che le riguardano, sono sempre chiamate a dover dimostrare qualcosa in più degli uomini. Nel nostro caso, a dover superare la diffidenza nel vedere una ragazza che imbraccia una chitarra o un altro strumento o scrive e arrangia dei pezzi rock o prettamente metal. Esattamente come una donna è quasi sempre chiamata a dover dimostrare di più facendo il capitano d’industria, la capoufficio, l’operaia o la camionista. Se ne parla poco perché si parla poco di donne come professioniste in ogni settore e perché percentualmente la loro presenza è numericamente ancora inferiore rispetto a quella degli uomini, scontando ancora un ritardo accumulato fin dai tempi in cui il rock si è affacciato sulla scena connotandosi come qualcosa di molto maschile. Come tutta la nostra società, del resto”.

Fra tutte qual’è quella che ti ha impressionato di più per la gavetta fatta, per tecnicità con lo strumento?

Difficile fare un solo nome. Se parliamo di gavetta hanno quasi tutte avuto una strada davvero difficile, da Suzi Quatro a Nina Hagen, passando per Diamanda Galàs, Lita Ford, Sabina Classen, Angela Gossow, Dolores O’Riordan oppure Otep Shamaya. E quasi sempre per motivi legati a difficili situazioni personali, più che musicali in senso stretto. Se vogliamo invece riferirci alla tecnica pura con lo strumento e consideriamo tale anche la voce, come è giusto che sia, non è possibile evitare di citare ancora la Galàs, una donna davvero estrema come The Great Kat e poi tutte le cantanti di impostazione lirica come Tarja Turunen, Simone Simons e Floor Jansen tra le altre. Ma potrei fare altri molti altri nomi”.

Consigliaci tre rock women da ascoltare e descrivile un poco…

“Potrei dirti, per coprire tre periodi diversi, Suzi Quatro, Cadaveria (anche per citare una delle italiane contenute nel libro) e Alissa White-Gluz. La Quatro è una di quelle non molto conosciute al giorno d’oggi, che molti della mia età e non soltanto ricordano magari per la sua partecipazione alla mitica serie “Happy Days” nei panni di Leather Tuscadero e non altro. Questa oriunda italiana, invece, ha una storia importante che parte dagli anni 60, sospesa tra ribellione e insegnamenti religiosi ricevuti in famiglia che continua ancora oggi. Il suo ultimo disco è un bel lavoro rock/hard rock dal buon piglio nonostante l’età non più verde. Cadaveria, che ho avuto il piacere di intervistare più volte, è il prototipo di donna colta, piena di interessi, votata ad una musica di grande impatto sonoro e visuale, la quale anche davanti ai problemi di salute che l’hanno colpita continua a dimostrare lo spirito dannunziano con cui affronta l’esistenza. La White-Gluz anch’ella per la storia particolare della sua famiglia che parla di un campo di concentramento da cui la nonna fuggì per poi tornarci da partigiana e di emigrazione (temi ancora attualissimi, come sappiamo), per la potenza della sua voce e per il suo impegno nell’aiuto a donne abitanti in zone particolarmente svantaggiate dell’India ed a favore delle cause animaliste e del veganesimo. Al pari di molte altre protagoniste del libro”.

Come vedi il rock di oggi tutto al femminile? C’è un ricambio generazionale oppure tutto è destinato a scomparire?

“Credo che pure il rock al femminile soffra di una mancanza di ricambio generazionale, ma in modo meno importante rispetto a quello al maschile, anche se il problema dovrebbe essere affrontato in modo certamente globale. Per quanto mi riguarda il mio territorio d’elezione è il metal in tutte le sue declinazione e in questo mondo, forse proprio per il ritardo con cui le donne si sono approcciate organicamente a questa musica/filosofia di vita, credo ci sia invece un certo fermento. A parte vari gruppi tutti al femminile come Nervosa, Sisters of Suffucation, Kittie, Burning Witches, Blackthorn, Aldious e vari altri che seguono l’esempio di alcuni citati nel libro (Runaways, Girlschool, Vixen), chitarriste come Orianthi o Nita Strauss oppure vocalist favolose e diversissime tra loro come Brittney Slayes o Tatiana Shmaylyuk, le musiciste nel settore sono sempre di più anche in Italia. Al fianco di nomi storici come Cristina Scabbia o Morgana artiste già affermate si confermano e molte giovani si affacciano sulla scena: Chiara Tricarico, Elisa De Palma, Chiara Malvestiti, Paola Goitre, Veronica Bordacchini, Federica De Boni, Laura Macrì, Eleonora Buono, Nicoletta Rosellini, Giorgia Gueglio, Julia Elenoir, Giusy Tiso, Gabriella Aleo, Silvia Agnoloni, Ira Green, Cecilia Petrini, Annalisa Belli e una pletora di altre. Il rock, comunque, non scomparirà mai finché ci saranno persone non allineate; e le donne hanno probabilmente più da dire”.

Cosa ti aspetti in futuro da questo tuo libro?

“Per il momento posso solo rilevare come stia andando davvero bene, anche grazie all’interesse di webzine, riviste e radio indipendenti come la vostra. E di questo non posso che ringraziare tutti. Spero che in futuro possa essere letto da altre persone interessate sia alla musica alternativa che alla parità di genere come valore assoluto e necessità per assicurare un futuro alla nostra società. Se anche solo una persona dovesse essere indotta a una riflessione in questo senso dopo aver letto il libro, sarei più che soddisfatto”.